Dopo la Terza Guerra Mondiale (una guerra, ovviamente, atomica), l’intera popolazione mondiale è ridotta a 20 milioni di persone, che sono costrette a vivere sottoterra a causa dell’aria contaminata dalle radiazioni. A un certo punto, nella vecchia Inghilterra, alcuni si ribellano e decidono di tornare a vivere in superficie.
Qui sono guidati e governati da un Diletto Dittatore (o anche Benigno e così via) che si manifesta solo ed esclusivamente con la voce, una "voce d’oro". Nessuno sa chi sia, nessuno l’ha mai visto, comunica con i suoi sudditi solo attraverso la radio.
Il Dittatore vuole il bene dei suoi sudditi, e questo bene, a suo parere, viene esplicitato nell’Identità, ovvero nella condizione di uguaglianza assoluta fra tutti. Il Dittatore lotta contro l’Invidia, e cerca di estirparla a tutti i costi.
La cosa più importante è proprio questa: si deve combattere l’Invidia con tutti i mezzi, perciò tutti devono essere uguali, identici, tutti ugualmente piccoli, nessuno deve guardare in alto, ma neppure in basso.
Questo Dittatore si rivela piuttosto misogino, in quanto crede che l’Invidia sia soprattutto prerogativa delle donne. Gli uomini, di conseguenza, sono molto più liberi, mentre le donne sono divise in tre categorie: le Alpha (le belle), le Beta (le insignificanti, medie, "normali") e le Gamma (le brutte). Non è un obbligo, ma è altamente auspicabile che le donne Alpha e Gamma prendano l’iniziativa di sottoporsi a un intervento di chirurgia plastica al volto: tutte dovrebbero essere Beta, tutte uguali, tutte insignificanti, carine ma senza alcunché di particolare, in modo da non suscitare invidia né ribrezzo. A questo scopo possono scegliere fra vari modelli di facce Beta, tutti sostanzialmente uguali, e subiscono un vero e proprio trapianto facciale.
La protagonista è una donna (Alpha) che rifiuta il trapianto.
L’idea è molto buona, ma ci sono due problemi fondamentali.
Il primo è la traduzione, che risale al 1965. Benché sia stata rivista da Serena Sinibaldi, è vecchia e si sente. Chi mai direbbe al giorno d’oggi "la fanciulla", "codesto" o "la medesima"? Per non parlare di "ella disse", "ella fece".
Il secondo problema è più grave. È un romanzo confusionario, che a tratti si contraddice anche su particolari banali. L’impressione che dà è quella di un lavoro taglia-e-cuci. Come se fosse stato scritto "a rate" e poi ricucito insieme soltanto in un secondo momento.
Per godersi questo libro è dunque necessario scindere i due piani e cercare di godersi la storia, che è avvincente e interessante e fa riflettere, ma non è facile.
Titolo originale: Facial Justice
Titolo italiano: Giustizia facciale
Autore: Leslie Poles Hartley
Traduttrice: Olga Ceretti Borsini
Casa editrice: liberilibri
Pubblicazione originale: 1960
Numero di pagine: 320
Lingua originale: inglese